.:Poesie e Analisi:.
Alcune liriche
di Pascoli
Lavandare
Analisi .
Madrigale della serie "L’ultima
passeggiata" (Myricae).
L’aratro
solo in mezzo al campo simboleggia
la solitudine umana e dunque
costituisce il correlativo oggettivo
della donna abbandonata. Negli
aspetti della natura e delle cose
Pascoli mira, anche qui, ad
evidenziare rapporti e relazioni che
mettono a nudo il suo carico di
ansietà e di smarrimento verso la
vita.
La campagna
autunnale, il lavoro agricolo,
l’umile fatica delle lavandare non
si risolvono in un idillio o in una
serena descrizione paesaggistica, ma
in una rappresentazione in cui le
cose "significano" stati d’animo e
sensazioni attraverso una serie di
corrispondenze e simbologie (aratro
= solitudine esistenziale) e di
notazioni coloristiche e acustiche.
≠ Leopardi: il paesaggio non dà
luogo a idillio, non è conforto per
lo spirito, non spinge ad immaginare
l’Infinito.
Metrica.
Due terzine di endecasillabi seguite
da una quartina, anch’essa di
endecasillabi.
Figure retorico-metriche:
enjambement (vv.2-3); rima
interna (v.5); onomatopea
(v.5); assonanza (vv.7-9).
Novembre
Analisi.
L’estate di San Martino produce
un’illusione di calore estivo che
nasconde in realtà "l’estate fredda
dei morti", la fragilità della vita.
≠ da
Carducci, dove novembre è il tempo
della vendemmia e quindi della
rinascita e del "fermento" del mosto
e dunque anche della vita.
La prima
strofe rende, in maniera netta e
precisa, l’idea di una improvvisa
primavera.
La
seconda strofe ribalta
istantaneamente la prima con una
serie di parole-chiave (secco,
stecchite, nere,
vuoto, cavo, sonante)
che, per suono e significato, ci
portano ad un’immagine di freddo e
di morte.
La terza
strofe svela definitivamente la
tragica legge di morte come unica
realtà che rimane al fondo della
momentanea, effimera illusione di
colori e fiori primaverili, di vita.
Metrica.
Tre strofe saffiche, formate da tre
endecasillabi e un quinario a rime
alternate. L’endecasillabo è ricco
di spezzature ed enjambement (vv.
1-2, 7-8, 11-12).
Novembre
Gèmmea
l’aria, il sole così
chiaro
che tu ricerchi gli
albicocchi in fiore,
e del
prunalbo
l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma
secco è il pruno, e le
stecchite piante
Di nere
trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al
pie’
sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo,
alle ventate,
odi lontano, da giardini ed
orti,
di foglie un cader
fragile.
È
l’estate
fredda,
dei morti
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X Agosto
Analisi.
Riflessione sul male che
parte da un tragico ricordo
autobiografico e si estende a
dimensione universale, attraverso la
simbologia del nido.
≠ da
Leopardi, perché non approfondisce
la tematica tema del male cercandone
le radici, ma rimane smarrito di
fronte ad esso, incapace di una
qualsiasi reazione.
≠ da
Foscolo perché per lui il "sole
splende sulle sciagure umane", e il
male, la morte, il dolore trovano un
riscontro positivo nel ricordo dei
vivi (I sepolcri) che
costituiscono la pars costruens
della sua poetica.
Metrica.
Quartine di decasillabi e novenari
alternati con schema ABAB, CDCD etc.
X
agosto
San
Lorenzo, io lo so perché
tanto
di stelle per l’aria
tranquilla
arde e cade,
perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una
rondine al
tetto
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un
insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora
è là
come in croce,
che tende
quel verme a quel cielo
lontano;
e il suo
nido
è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo
nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi
un grido:
portava due bambole in dono.
Ora
là nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in
vano,
egli immobile, attonito,
addita
le bambole al cielo
lontano.
E
tu, Cielo, dall’alto dei
mondi
sereni, infinito, immortale,
oh!
d’un pianto di stelle lo
inondi
quest’atomo opaco del Male
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La mia sera
Analisi.
La conclusione di una giornata
atmosfericamente agitata si stempera
in una serata tranquilla, diventando
così l’espressione autobiografica
del sentire del poeta. Il suo
spirito travagliato si placa nella
serenità della sera che diventa la
"mia" sera.
La
simbologia è quella ricorrente del
nido, dell’infanzia, della madre.
La prima
parte (vv.1-20) è rivolta alla
rappresentazione della natura
rasserenata e coglie gli aspetti più
nascosti e minuti della realtà
naturale per farne materia poetica.
La seconda
parte rende più saldo ed evidente la
simmetria tra vicenda biografica e
vicenda atmosferica: dalla tempesta
alla → quiete.
≠ Leopardi:
ne La quiete dopo la tempesta
prevale la gioia e lo stupore verso
la natura che sopravvive alla
"crisi" del temporale e la vita che
si rigenera. Qui, invece, domina la
tensione verso la sera, il riposo,
la morte, in una dimensione più
crepuscolare dell’esistenza.
Metrica.
Strofe di 7 novenari e un senario a
rima alternata. Sono presenti rime
interne, echi e rimandi (soprattutto
nel senario finale, che gioca sempre
con la parola sera), il
ricorso a terminazioni sdrucciole (restano,
sussurrano) che tendono a
dilatare il ritmo del novenario.
L’ora di Barga
Analisi.
Al crepuscolo Pascoli contempla,
nell’ultimo bagliore di luce, le
piccole cose ed il loro fluire, ma
la voce della campana che "blanda"
scende dal cielo, lo persuade a
tornare alla realtà.
Questa
lirica dalla musicalità intensa,
quasi di maniera, è dominata da un
tono esasperatamente vittimistico e
da una tensione al pianto e alla
chiusura introspettiva.
Metrica.
Sestina di quinari doppi: i primi
quattro a rima alternata, gli ultimi
due a rima baciata. Ritmo cullante e
cantilenante.
Il gelsomino
notturno
Analisi.
Tecnica analogica ed uso a
tutto campo di metafore, sinestesie,
simbolismo.
Il rinascere
della vita nella natura
(simboleggiata dal gelsomino
notturno che solo di notte apre la
sua corolla, per poi chiuderla di
nuovo al mattino) è un miracolo che
si compie nell’oscurità: è il grande
segreto della vita che è alla base
di tutte le specie viventi. La lirica è
dominata da una sensualità
morbida e ambigua che si incentra
tutta nel rapporto simbolico
fiore-donna → il rinnovarsi della
vita è l’esito di tutto il
misterioso e segreto pullulare di
esistenze.
Questa
poesia è pubblicata la prima volta
nel 1901, in occasione delle nozze
di Gabriele Briganti intimo amico
del poeta, due anni dopo è inserito
nella prima edizione dei
Canti di
Castelvecchio. E' fra le più
celebri e le più dibattute opere di
Pascoli: non solo una poesia di
occasione, ma anche un testo
centrale della sua produzione, sia
per i contenuti sia per i caratteri
che la formano. Il componimento
allude al rito nuziale di una prima
notte di matrimonio, il gelsomino
fiore che apre la sua corolla di
notte e la richiude all'alba, è un
evidente simbolo sessuale; ma
soprattutto sulla base di quel rito
guarda dal profondo della psiche
pascoliana e dell'inconscio del
poeta, cioè al mondo dell'amore e
del sesso. Il gelsomino notturno è
anche fra i testi poetici che con
maggiore intensità esprimono
l'opposizione vita/morte,
amore/morte che è alla base non
soltanto della psicologia ma anche
della filosofia pascoliana. Non si
tratta semplicemente di una
questione di una sessualità turbata
(tanto discussa quanto innegabile);
si tratta, più profondamente, di una
vera e propria concezione in
"negativo" della vita e perciò
dell'amore coniugale e del sesso in
quanto intimamente intrecciati alla
vita stessa. Per Pascoli la civiltà
moderna consiste in un tragico
progetto di annientamento dell'uomo;
quindi, chi crede nella vita e
nell'amore si fa strumento di
negatività.
Metrica.
Quartine di novenari a rima
alternata. Sintatticamente prevale
l’uso della paratassi: le
proposizioni sono accostate le une
alle altre, senza alcun legame di
subordinazione → ragionamento
a-logico e immediato.
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